Ruteng (Indonesia), 4 febbraio 2013
Diciamolo, Flores e’ proprio bella. Di una bellezza autentica data
dal fatto di non essere stata completamente soggiogata dall’uomo. Non
ancora, perlomeno.
Certo, ci sono delle infrastrutture che fanno si’ che sia un’isola
abitabile secondo gli standard del nostro secolo; ma la natura ha ancora
la meglio e l’atteggiamento piu’ diffuso (fanno eccezione le poche
citta’) e’ quello di adattarsi alle sue regole piuttosto che imporre la
proprie. Sulla costa si vive in case di bamboo perche’ se proprio deve
arriare uno tzunami, e’ meglio non avere del cemento che ti cada
addosso; in alte zone le abitazioni sono costruite secondo la logica, basta che tenga fino alla prossima eruzione;
le strade non sono piu’ larghe del minimo indispensabile e la foresta
se le ingloba ogni giorno di piu’, fino a divorarne un pezzetto
franandoci sopra o scavando dal basso… tutto e’ matenuto a un livello
piuttosto basico perche’ tutto va comunque continuamente ricostruito
partento quasi da zero.
Le citta’ (la maggior parte delle quali considerabili paesi) in cui
l’uomo e’ riuscito ad affermare il proprio spazio spttraendolo ad una
natura incontenibile, si possono davvero contare sulle dita della mano
destra: Maumere, Ende, Labuan Bajo, Larantuka, Ruteng, Bajawa… be’, un
piccolo prestito dalla sinitra.
Durante gli spostamenti in bus o in bemo, su questi saliscendi di
strade soffocate dal verde, guardo fuori dal finestrino per non perdere i
momenti in cui il fogliame si apre e si vedono i profili delle colline
come le pieghe di una coperta su un letto disfatto, volendo prendere in
prestito un’immagine di Krakauer, che si allungano fino a tuffarsi nel
mare. Guardo fuori dal finestrino e penso.
Se fossi puro pensiero, partirei dal centro del cratere dell’Egon
Volcano, che ribolle in attesa del prossimo via, mi lancerei verso il
cielo tra i fumi come una bomba vulcanica e poi giu’ in picchiata come
un rapace; attraverserei cosi’ la foresta, dove tronchi altissimi
spingono rami a cercare la luce oltre il fitto fogliame piu’ basso;
sfreccerei tra la caotica geometria delle foreste di bamboo e sempre
piu’ giu’, tra le foglie di lama dei palmeti e poi, di colpo, luce. Un
bagliore di sabbia bianca e tenue azzurro. Ma proprio solo un attimo.
Poi solo blu intenso. Fino alla fine.
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