Wednesday, February 27, 2013

Questione di pelle



Maumere (Indonesia), 31 gennaio 2013

Non dimentichiamo il vero motivo della mia visita a Flores: trovare la mamma del mio amico Bobby. Bobby non vede la sua famiglia da quattordici anni, quando si e’ trasferito nella capitale. Lui mi ha semplicemente offerto ospitalita’ in casa della madre, dandomi un biglietto con l’indirizzo e il nome del fratello, ma io l’ho presa come una vera e propria missione: trovare la donna, portarle le foto del figlio lontano e il messaggio che e’ felice e in buona salute. Nicole, ci sono i telefoni per queste cose… va be’, e allora ammazziamo tutta la poesia!!
Le cose si rivelano piu’ facili del previsto: arrivata nella via, chiedo del fratello e mostro le foto del mio amico ad un gruppo di ragazzini (chesso’, magari si assomigliano) “Ma e’ Robert!” Robert, Roby, Bobby… sara’ lui! Si distacca un sottogruppo di tre o quattro bambini che iniziano a camminare lungo la strada stretta facendomi cenno di seguirli. Svoltano a sinistra in una stradina sterrata che diventa sentiero e si perde in un campo di grano turco; i bambini si mettono a correre ridendo, eccitati e divertiti, accelero per stargli dietro, ma il grano e’ ben piu’ alto di loro e quando il sentiero curva li perdo di vista; rimango un attimo sola ad avanzare, contagiata dal loro entusiasmo; e’ un momento magico, mi chiedo cosa ci sara’ alla fine del sentiero, mi immagino una casetta piccola e la mamma di Bobby che mi guarda con aria interrogativa, io le porgo le foto del figlio e lei scoppia in un pianto di gioia, io la abbraccio e le dico “Donna, asciuga le tue lacrime: Bobby e’ salvo!” musica, titoli di coda, applauso del pubblico commosso. Qualcosa cosi’.
Invece mi si para davanti una figura ben lontana dal mio immaginario: un signore albino, alto e magro, con un cappello di lana nero, che mi viene incontro con un’andatura scompostissima “Salve… sto cercando una persona, magari puo’ aiutarmi, si chiama…” “Vieni, vieni, sei l’italiana forse” “Si’” “Ho saputo al telefono” e gia’ la poesia si incrina. Ma Bobby mi aveva detto che avrebbe telefonato al fratello “Sei il fratello di Bobby? Sei tu?” “Si’, vieni, vieni!” Il fratello di Bobby! L’ho trovato! Pochi metri dopo, siamo di fronte ad una casetta con le pareti di bamboo e il tetto in lamiera, circondata dal verde brillante del granturco giovane; delle persone chiacchierano sedute su sedie di plastica nel piccolo spiazzo di terra battuta di fronte alla casa.
Ci salutiamo e presentiamo. Con impazienza tiro fuori le foto e chiedo “Dunque, chi e’ la mamma di Bobby??” addocchio una bella signora corpulenta che sorride dalla sua sedia. “E’ lei!” ma mi indicano un’altra persona: una vecchina piccola piccola, secca secca, che sembra impossibile abbia mai potuto partorire un ragazzone come Bobby. La porgo le foto, lei le prende, da una rapida occhiata annuendo, poi le passa agli altri che dicono solo “Ah, si’!”. Morta li’. Ma come??? Dove sono le lacrime? Le urla di gioia? Quattordici anni! Suvvia, facciamola un po’ di scena! No, nulla. Maledetti telefoni.
Come predetto da Bobby, la sua famiglia insiste per ospitarmi e rimaniamo d’accordo che l’indomani lascero’ il mio bungalow e mi trasferiro’ a casa loro.


Dunque, eccomi nella mia nuova famiglia indonesiana.
Qui il tempo e’ ben diverso da quello trascorso nei giorni precedenti nel mio bungalow sulla spiaggia. Qui, lo sguardo non puo’ correre libero sul mare, ma e’ limitato dal granturco che circonda la casa a trecentosessanta gradi; l’orizzonte non porta vento, se non prima dei temporali e il sole picchia sul tetto di lamiera senza nessun riguardo.
La sera, quando le attivita’ sono interrotte dal buio, ci sediamo tutti davanti a casa alla luce di una candela e chiacchieriamo godendoci la frescura tanto attesa.
Faccio discorsi particolarmente interessanti con il fratello di Bobby. Il migliore in assoluto e’ iniziato quando gli ho detto che mia madre e’ africana: “E tu ci sei mai stata in Africa?” mi ha chiesto
“Si’, diverse volte”
“Com’e’?”
“Be’, e’ molto diversa dall’Asia, e’…”
“E’ vero che ci sono tanti negri?”
“Be, ecco, si’… indubbiamente!”
“Pieno di negri!”
“Eh si’… e’ che gli africani sono neri”
“Ah! Tutti negri!”
“Non proprio tutti: ad esempio in Nord e in Sud Africa ci sono…”
“Ma scusa, com’e’ il clima?”
“Dipende. In alcuni posti e’ proprio come in Indonesia”
“E allora perche’ noi non abbiamo i negri??” ossignore!
“Ma si’ che li avete: in Papua!”
“Agli americani non piacciono i negri, un mio amico americano mi ha detto ache gli americani non piace che si parli dei negri, che loro si arrabbiano se li nomini”
“Io credo volesse dire che c’e’ chi considera offensivo usare la parola negro
“Comunque i negri fan paura: grossi e neri come il diavolo!”
e cosa vuoi che ti dica? “…mmm…eh, si’…”
Onestamente, quanto sareste disposti a pagare per assistere a questo discordo fatto da una MULATTA e un ALBINO?? Ridicolissimi!


Su quest’isola la gente ha la carnagione come la mia. Chi lievemente piu’ chiara, chi lievemente piu’ scura. Io rientro esattamente nella media, il che’ mi porta un sacco di vantaggi. Certo e’ sempre Asia, per cui la pelle piace chiara esattamente come in Europa piace abbronzata… ma il fatto di essere “diversa ma uguale” suscita nelle persone un’immediata simpatia e la mia carnagione e’ inevitabilmente motivo di lunghe discussioni e grande entusiamo. Non vedo perche’ ci sia da farne tanto una questione, ma buon per me.

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