Gunungstoli o come diavolo di scrive (Indonesia), 19 aprile 2013
Devo prendere una barca alle 22.00.
A Nias non ci sono pullman: ci sono “auto in condivisione”, in genere monovolume da cinque o sette posti; le si puó fermare quando ti passano davanti oppure, come ho fatto io, procurarsi il numero di telefono dell’autista e fissare un appuntamento.
Sono a poco piú di due ore di strada dal porto e decido di fissare l’appuntamento alle 13.00. Se fossi altrove, dovrei pormi il problema di cosa fare dalle 15.30 (presunta ora di arrivo al porto) alle 22.00 (presunta ora di partenza della barca), ma non sono altrove, sono qui, e mi rendo perfettamente conto che con la mia scelta corro il rischio neanche troppo remoto di perdere la barca.
A Nias non ci sono pullman: ci sono “auto in condivisione”, in genere monovolume da cinque o sette posti; le si puó fermare quando ti passano davanti oppure, come ho fatto io, procurarsi il numero di telefono dell’autista e fissare un appuntamento.
Sono a poco piú di due ore di strada dal porto e decido di fissare l’appuntamento alle 13.00. Se fossi altrove, dovrei pormi il problema di cosa fare dalle 15.30 (presunta ora di arrivo al porto) alle 22.00 (presunta ora di partenza della barca), ma non sono altrove, sono qui, e mi rendo perfettamente conto che con la mia scelta corro il rischio neanche troppo remoto di perdere la barca.
Se il mio amico Lamoni mi chiedesse di nuovo adesso cosa faccio tutto il giorno, gli direi che alle volte semplicemente aspetto.
Arrivo al punto concordato con l’autista con un ridicolo anticipo di
dieci minuti. Lui arriva con un ritardo di due. Minuti? No: ore. Sono
l’unica passeggera, o meglio, la prima, il ché é un pessimo segno:
significa che saró incastrata nella ricerca degli altri passeggeri sin
dall’inizio; giá, perché l’auto non parte se non quando é piena… ma
voglio vedere il bicchiere mezzo pieno: ringrazio il cielo che si tratti
di un cinque posti e non di un sette o, peggio ancora, di un pullman
della Sadem, che in tal caso partiremmo tra una settimana…
Dunque, alle ore 15.00 carico in macchina zaino e positivitá e
partiamo. Alle ore 15.10 la macchina si ferma a bordo strada di una via
trafficata. “Sorry Mister, wait 20 minutes here!” non ho piú le energie
per correggere tutti quelli che mi chiamano Mister: Miss, Mrs, Mr, Sir, Guy… whatever! “Ok, no problem!” Certo, lo so che quel che é uscito dalle sue labbra come un venti munuti
aumenterá di volume come le bolle d’aria che escono dalla bocca di un
immersionista e salgono in superficie, fino a raggiungere le proporzioni
di un’ora. Minimo. Ma non importa, perché lo so che non lo fa con
cattiveria o malizia, non é inganno o bugia: é lo stesso spirito con cui
si risponde al messaggio “Sono qui sotto!” con il messaggio “Scendo
subito!!” mentre si esce dalla doccia… chi non l’ha mai fatto? non saró
certo io a scagliare la prima pietra su quest’uomo adesso! Aspetto.
Un’ora dopo siamo ancora lí; mi infilo nel bar di fronte al quale
siamo parcheggiati e al secondo sorso di te al limone l’autista entra
agitato “Sorry Mister, we go!” “Now?” “Now!”
Ammetto di essere la prima sostenitrice del tutto all’ultimo minuto, ma in Indonesia la gente ha superato questo concetto, elevandolo all’arte de L’aspettare che sia troppo tardi, che é un minuto dopo l’ultimo minuto. Si puó stare un’ora di orologio a guardare il traffico fumando sigarette e d’improvviso “é tardi, dovevamo andare prima! Andiamo adesso!” “…ma il mio te al limone…” “Adesso!!” “…ma stavo…” “ADESSO!!” Mi lancio in macchina, lui sbatte le portiere e in un attimo stiamo girando come cani affamati per le strade del paese. Per un’altra ora.
Ammetto di essere la prima sostenitrice del tutto all’ultimo minuto, ma in Indonesia la gente ha superato questo concetto, elevandolo all’arte de L’aspettare che sia troppo tardi, che é un minuto dopo l’ultimo minuto. Si puó stare un’ora di orologio a guardare il traffico fumando sigarette e d’improvviso “é tardi, dovevamo andare prima! Andiamo adesso!” “…ma il mio te al limone…” “Adesso!!” “…ma stavo…” “ADESSO!!” Mi lancio in macchina, lui sbatte le portiere e in un attimo stiamo girando come cani affamati per le strade del paese. Per un’altra ora.
Quando ci fermiamo e mi dice di nuovo “Mister, wait 10 minutes here”,
siamo di fronte allo stesso bar di prima. Che un po’ viene da chiedere
“Guido, ma mi pigghi pu culu??” non potevi lasciarmi ad aspettare qui?
ma non lo chiedo: aspetto.
Alle 17.30, partiamo davvero e imbocchiamo la strada che esce dal paese. Ce l’abbiamo fatta? Che sia la volta buona? Ovviamente no: dobbiamo fermarci a fare benzina, poi a mangiare (che nel frattempo si é fatta ora di cena), poi a fare pipí… morale della favola, arriviamo al porto alle 21.00.
In largo anticipo, dato che la mia nave parte tra un’ora! Piú probabilmente due, mi dico, ma anche su questo mi riveleró patologicamente ottimista…
Alle 17.30, partiamo davvero e imbocchiamo la strada che esce dal paese. Ce l’abbiamo fatta? Che sia la volta buona? Ovviamente no: dobbiamo fermarci a fare benzina, poi a mangiare (che nel frattempo si é fatta ora di cena), poi a fare pipí… morale della favola, arriviamo al porto alle 21.00.
In largo anticipo, dato che la mia nave parte tra un’ora! Piú probabilmente due, mi dico, ma anche su questo mi riveleró patologicamente ottimista…
La barca. La barca é un mezzo di trasporto facile: sali, parte,
arriva, scendi. Non ci sono passeggeri da cercare, non bisogna far
benzina o cambiare le gomme… Mi addormento in terza classe sdraiata su
quattro sedili con gli auricolari nelle orecchie per coprire le voci
della gente che chiacchiera, il pianto dei neonati, la musica degli
altoparlanti e le urla dei bambini del paese che passano carichi di
cestini di plastica a vendere snack sulle navi ferme al porto. Il mare é
piatto, dai finestrini entra aria fresca ed esce il fumo delle
sigarette. Mi lascio alle spalle con sollievo l’interminabile giornata
in auto: domattina saró finalmente a Singkil.
Al mattino, quando mi sveglio la barca é giá ferma. Guardo fuori e di
una sola cosa sono sicura: questo non é il porto di Singkil. Oh no…
dove diavolo sono?? Non ne ho la piú pallida idea. Potrei essere finita
ad Honolulu per quel che ne so! Come é successo? E cosa esattamente é successo?
Onestamente, sono stanca e in modalitá non comunicativa, non ho la forza per investigare. E in fondo, a quale scopo? Ok, non so dove sono, ma sto bene, ho dell’acqua, dei biscotti e dei soldi: posso affrontare qualunque problema; con calma, quando saró scesa, cecheró di capire la situazione e decideró il da farsi. Aspetto.
Onestamente, sono stanca e in modalitá non comunicativa, non ho la forza per investigare. E in fondo, a quale scopo? Ok, non so dove sono, ma sto bene, ho dell’acqua, dei biscotti e dei soldi: posso affrontare qualunque problema; con calma, quando saró scesa, cecheró di capire la situazione e decideró il da farsi. Aspetto.
Aspetto per ore. Ore in cui nessuno attorno a me accenna a prepararsi
a scendere e, come scopro uscendo sul ponte, nessuno ha iniziato a
scaricare il carico. Intanto l’interno della barca inizia a ricordarmi i
dormitori in Malesia e all’esterno il sole picchia violentemente sul
metallo. E’ passato mezzogiorno e ancora non so dove sono.
La risposta arriva sottoforma di una bambina che passa tra i sedili con un cestino colorato pieno di bottiglie d’acqua e snack da vendere. La guardo, mi guarda, mi sorride e non ho dubbi: la conosco. E la conosco sí, é la stessa da cui ho comprato l’acqua e i biscotti ieri sera! Questo significa che… non é possibile… guardo fuori di nuovo, riconosco le sedie di una zona d’attesa… é possibile sí: é lo stesso porto di ieri! Non ci siamo mossi! Ho passato la notte su una nave ferma!! Mi sento una deficiente… come e’ potuto succedere? Dopo Guido, tu quoque, Remo!!
La risposta arriva sottoforma di una bambina che passa tra i sedili con un cestino colorato pieno di bottiglie d’acqua e snack da vendere. La guardo, mi guarda, mi sorride e non ho dubbi: la conosco. E la conosco sí, é la stessa da cui ho comprato l’acqua e i biscotti ieri sera! Questo significa che… non é possibile… guardo fuori di nuovo, riconosco le sedie di una zona d’attesa… é possibile sí: é lo stesso porto di ieri! Non ci siamo mossi! Ho passato la notte su una nave ferma!! Mi sento una deficiente… come e’ potuto succedere? Dopo Guido, tu quoque, Remo!!
Da pezzi di conversazione che cerco di decifrare e pezzi di risposte
alle mie magre domande, credo di capire che il motore é guasto, stiamo
aspettando un pezzo di ricambio che dovrebbe arrivare dalla capitale;
partiremo per Singkil alle sette di sera. O arriveremo a Singkil alle
sette di sera. O il viaggio per Singkil dura sette ore, di sera. O
adesso sono le sette di sera… ma che ne so! Come si fa a capire o farsi
capire in una lingua in cui a che ora, quante ore e che ore sono si dice allo stesso modo??
Presente quei sogni in cui si deve andare da qualche parte e per un
motivo o per l’altro non si riesce mai a partire? Qui é uguale, ma non
ci si sveglia mai. Ah, questo Paese! Questo Paese che adoro, ha imposto
lui non solo i tempi, ma anche le destinazioni di quasi ogni mio
spostamento al suo interno. E in realtá a me va bene cosí.
Alle dieci di sera, dopo aver passato ventiquattro ore ad aspettare un pezzo di ricambio che, diciamo la veritá, non arriverá mai,
riesco a farmi cambiare il biglietto e salgo sulla nave di fianco alla
mia. Il mio nuovo biglietto dice che sto andando a Sibolga. Ma Dio solo
sa dove saró domattina.
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