Nias é un’isola a ovest di Sumatra. Nel sud, a Sorake Beach, una fila
di case sulla spiaggia offre stanze e ristoranti ai surfisti. C’é un po’
di desolazione nell’aria, forse il posto non si é mai ripreso del tutto
in seguito allo tzunami del 2004, che oltre ai danni alle costruzioni
ha portato ad una modifica del fondale e quindi delle onde… pare che da
li’ i visitatori, precedentemente attratti da onde difficili ma
spettacolari, si siano ridotti notevolmente. Ciononostante, Nias viene
ancora considerata uno dei paradisi del surf. Nessuno si premura di
aggiungere che é l’inferno dell’aspirante surfista. Bé, lo dico io.
Non sono mai stata quella che viene scelta per ultima quando si fanno
le squadre. Diró di piú: credo di aver sempre mantenuto una qual certa
dignità alla prima lezione di un po’ tutti gli sport che ho provato in
vita mia. Poi ho voluto provare il surf e ho rovinato tutto. Ma devo
dire che l’umiliazine pubblica é l’ultima cosa di cui ci si preoccupa
mentre si rischia di affogare…
Fondale di scogli aguzzi, acque poco profonde, australiano che mi
dice “Ti insegno io se vuoi!”dí di no, per l’amor del cielo, dí di no,
solo un idiota proverebbe qui per la prima volta… “Sí, grazie!” onde
giganti, correnti, l’australiano che mi dice “Quando sei pronta ti aiuto
io a prendere la prima onda. Paura?” dí di sí, per l’amor del cielo, dí
di sí, solo un idiota lo farebbe davvero… “No!” “Ragazza coraggiosa!
Ecco che arriva la tua onda!” e via, partita, cosí. Portata dall’onda
per metri e metri e metri e ancora metri e… mi avesse anche detto come
fermarmi, mannaggia a lui! Ho avuto il sentore che dovessi buttarmi in
acqua ad un certo punto, ma l’ho avuto quando l’acqua era giá troppo
poco profonda: era chiaro che buttandomi mi sarei grattugiata sugli
scogli… e allora, volpona, ho aspettato ancora. Perché é risaputo che
l’acqua diventa piú profonda quando si va verso riva. Ad ogni modo, a un
certo punto mi sono fermata e quando l’australiano mi ha raggiunta era
anche piuttosto orgoglioso di me “Sei andata lontanissimo!! Divertente,
eh?” sí, se ti fa ridere il sangue…
Non sono certo stati due graffi a impedirmi di provare una seconda e
una terza volta. La seconda volta ho passato venti minuti a tentare di
spostarmi contro corrente, retrocedendo di dieci metri ogni volta che
fermavo le braccia per recuperare dalla fatica di aver avanzato dieci
centimetri… sono uscita dall’acqua senza neanche aver raggiunto le onde.
La terza volta ho provato a giocare sporco: il surf é estenuante,
proviamo il bodyboard, cosí posso usare le gambe anziché le braccia. “Il
bodyboard é facile, puoi venire con noi sulle onde grandi!” mi ha detto
un altro australiano. Ho passato molto piú tempo sotto le onde
grandi che sopra. Ho capito perché il mio cordino troppo lungo non
andava bene quando me lo sono trovato attorcigliato attorno al collo… va
bé, mi sono detta, tanto sei sott’acqua, non potresti respirare
comunque… magra consolazione.
Insomma, ho passato quindici giorni a Nias. Tre in acqua. I restanti sull’amaca, che e’ meglio.
Insomma, ho passato quindici giorni a Nias. Tre in acqua. I restanti sull’amaca, che e’ meglio.
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