Sunday, May 13, 2012

Dogmatismo alimentare



Ho un rapporto immaturo con il cibo. Significa che prediligo i sapori semplici e che non ho mai imparato ad apprezzare quelli forti, come l’affumicato, l’alcool, il piccante; significa anche che ci sono tutta una serie di alimenti che non mi piacciono per partito preso. “Ma almeno assaggialo!” e’ una delle frasi che piu’ mi infastidiscono: tu preoccupati di cosa introduci nel tuo corpo, che al mio ci penso io. E’ che di alcune cose non mi fido. Magari le assaggio anche e il sapore mi e’ indifferente, ma ormai il cervello le ha catalogate come “cose che non mangio” per cui, semplicemente, non le mangio. Ad esempio: i funghi, le noci, le melanzane, il cotechino non si mangiano. E’ cosi’ e basta. Dogmatismo alimentare. C’e’ da dire che con gli anni la mia diffidenza si e’ notevolmente ridotta: da piccola scartavo i pezzetti di prezzemolo dal risotto con la forchetta “Cos’e’ questo??” con aria schifata. E mia madre “Niki, manda giu’ per favore!” con tono quasi supplice.
E’ stupido, me ne rendo conto; soprattutto viaggiando, credo che non assaggiare il cibo significhi escludersi una parte importante dell’identita’ di un luogo. Riconosco il mio errore e sto cercando di lavorarci su’.



Inizialmente in Thailandia, di fronte a menu’ completamente inesplorati, provavo un senso di smarrimento e mi rifugiavo nella mia unica certezza: fried rice, nelle sue varianti con pollo/maiale/carne bovina/frutti di mare. Quando poi ho realizzato che stavo mangiando riso tre volte al giorno (ebbene si’, anche a colazione!), mi sono decisa a prendere in mano la situazione e reagire. [Tra l’altro, una delle mie bibite preferite e’ il succo di limone… mi fa un baffo a me la diarrea del viaggiatore! Per quel che ne so potrei aver avuto il colera in forma asintomatica!] La reazione e’ stata saltare all’estremo opposto: ho iniziato a ordinare puntando il ditto a caso sul menu’ e prendendo appunti molto stupidi sul mio quadernetto, per sapere cosa evitare in futuro. E’ un rischio. Alle volte guardavo il piatto posatomi di fronte senza capire e ogni volta era di nuovo la voce di mia madre: Niki, manda giu’ per favore! Ok, mando giu’. Devo ammettere che mi e’ piaciuto sempre tutto. Il verdetto finale e’ che, per me, in Thailandia si mangia bene.
In Laos un po’ meno, perche’ e’ tutto molto piu’ in umido (la mia diffidenza e’ direttamente proporzionale al livello di umidita’ del cibo). Non male, solo un po’ meno bene, secondo me. Soprattutto se si considera come parametro di giudizio la varieta’ della scelta. Sara’ colpa mia, per carita’, ma nella maggior parte dei posti in cui ho mangiato la scelta era noudles soup. LA scelta, singolare, niente “o”: noudles soup, punto. La noudles soup consiste in una quantita’ spropositata di brodo (tipo 500-700ml!) in cui sono immersi spaghetti di riso, foglie di insalata e menta, pezzi di carne, sedano, alle volte pomodorini freschi, spezie varie. Piccante a piacere. Della cuoca. Buona, davvero, se riuscissi a fare un brodo cosi’ saporito sarei felice. Pero’, ragazzi, non se ne puo’ piu’! Questa sera ero tentata di rimanere in stanza a riempirmi di licis piuttosto che mangiare un’altra noudles soup… e invece no! Beccata anche oggi! Inoltre tutta quell’acqua da un senso di sazieta’ illusorio e dopo una mezzora si e’ da capo. Fortuna che ho della frutta qui (e con i licis sono in una botte di ferro!). Di una cosa pero’ sono contenta: ho finalmente imparato a mangiarla con le bacchette! Mezza umanita’ mangia con le bacchette, c’e’ poco da tirarsela, ma io sono soddisfatta! La prima volta e’ stata un’umiliazione pubblica: le bacchette continuavano a rigirarmisi in mano, riuscivo saltuariamente a sollevare due spaghetti di qualche centimetro, ma poi mi ricadevano regolarmente nel piatto. Tra il caldo (era pranzo), il piccante, il vapore del brodo e l’agitazione di star morendo di fame e non riuscire a mangiare quel che si ha di fronte… una sudata memorabile! Non escludo che la cuoca abbia perso dei clienti a causa mia. O forse lo spettacolo della mia pesca sportiva dello spaghetto ha attirato qualche curioso, chissa’.



Ad ogni pasto mi chiedo a quante norme comportramentali stia contravvenendo senza rendermene conto. Non ci avevo mai pensato troppo, come capita con la maggior parte delle cose ormai interiorizzate, ma la tavola e’ un campo minato di regole: non si mastica con la bocca aperta, non si parla con la bocca piena, non si tengono le mani sotto al tavolo, non si tengono i gomiti sul tavolo, non si mangia finche’ tutti non siano stati serviti, non si mangia dal piatto degli altri, non si fa rumore bevendo il brodo dal cucchiaio, non si beve il brodo dal piatto, non si lecca il piatto, non si mangia con le mani, non si rutta… e altre millemila ancora solo nell’ambito della Famiglia del Mulino Bianco, senza scomodare il galateo. Mi chiedo quale sia qui il regolamento. Ad esempio, quando mi portano la bottiglia d’acqua e non il bicchiere… se ne sono dimenticati o posso bere dalla bottiglia? E gli ossicini di pollo della noudles soup, devo risputarli nel piatto o posso posarli direttamente sul tavolo? Perche’ il mio super-io mi proibirebbe di fare entrambe le cose! Alla fine un po’ copio la gente e un po’ faccio come mi capita, tanto il mio super-io con la bocca piena non puo’ parlare.

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