Thursday, May 3, 2012

Mostre interattive




Luang Prabang (Laos), 26 aprile 2012

I due giorni di fiume non si sono allontanati molto dalle mie aspettative: un gruppo di giovani chiusi in una barca sulla quale si e’ ricreata sin da subito la dinamica dello scuolabus: i secchioni davanti, i casinisti dietro. Ho conosciuto quella che per qualche giorno e’ stata la mia nuova coinquilina da viaggio: Rebecca, una ragazza canadese che lavora in Antartide in una base scientifica  statunitense, una di quelle persone a cui vorresti accollarti per una settimana per capire che razza di vita facciano. Tra racconti di vita quotidiana per me fantascientifici e momenti di solitudine immersa nella lettura o nella scrittura o nel semplice guardare il paesaggio che scorre, dopo due giorni sono arrivata a Luang Prabang.
Luang Prabang e’ una cittadina che si sviluppa su una sorta di penisola formata dalla confluenza del Nam Khan nel Mekong. Arrivata in Laos la prima sensazione che ho avuto camminando per strada, e’ che ci fosse qualcosa di sbagliato nell’ordine delle cose. O di giusto? Non avrei saputo dirlo. Mi ci e’ voluta mezza giornata per capire che si trattava della guida a destra. Ho affittato una bici gialla e ho girato la citta’ con la ritrovata sicurezza di sapere chi ha la precedenza agli incroci (in Thailandia ogni volta era una scommessa col destino, quelle emozioni ch ti fanno sentire di star vivendo a fondo la tua vita, con tutti i rischi che questo comporta… eh, lo so, mi basta davvero poco…). Sfrecciando con la mia banana a pedali, ho dedicato le giornate alle mie due mostre interattive preferite di questo periodo: i mercati e le cascate.



La prima sera al mercato notturno di Luang Prabang e’ semplicemente meravigliosa. La merce e’ esposta su stuoie posate a terra; si tratta prevalentemente di artigianato locale: stoffe, gioielli, dipinti, lampade… ogni bancarella e’ coperta da un gazebo rosso o blu e illuminata da una lampadina che pende a circa un metro da terra. La luce e’ soffusa, i tessuti hanno colori caldi, le venditrici avvolte in quest’atmosfera magica rispondono ad ogni sguardo con un sorriso: “Sabaidii” salutano ogni visitatore, “Sabaidii”. Semplicemente meraviglioso. La seconda sera gia’ le cose iniziano a puzzare di routine; sapresti riconoscere i nuovi turisti da quella stessa scintilla di meraviglia che avevi tu il giorno prima e che non ti senti piu’ negli occhi. Inizi a chiederti fino a che punto le venditrici siano sincere nei loro sorrisi e quanto invece siano aiutate dal fatto che sabaidii finisca con una i allungata. La terza sera ci sono andata di proposito da prima dell’orario di apertura a dopo la chiusura; con sguardo disincantato, ho visto montare e smontare un teatrino che ripropone sempre lo stesso spettacolo, solo ad un pubblico sempre diverso e quindi sempre entusiata. Non che ci sia niente di male o di strano, non sto dicendo questo.  Solo che e’ buffo vedere quanto la bellezza delle cose dipenda da chi le osserva. 




Nei mercati diurni (o meglio, i mercati del mattino)  si respira tutta un’altra aria, si vende concretezza e quotidianita’: pesce e cipolle per la zuppa, non braccialetti per i souvenirs; e il pubblico ovviamente e’ un altro, sembra finalmente di aver cambiato continente! Ma anche la sera, oltre le bancarelle c’e’ un mercato “vero” all’interno di quello “teatrale”: sono gli angolini dove le donne vanno a comprarsi la cena o a consumarla o a farsi la pedicure mentre una vicina le sostituisce nel rito del sabaidii al passante. Il “dietro le quinte” e’ sul palcoscenico anche lui, ma abbagliati dalla scintilla della prima sera e’ difficile vederlo.



Per quanto riguarda la cascata (l’ennesima!) ce n’e’ una che val davvero la pena di vedere a 32km da Luang Prabang. Nonostante tutte le persone a cui ho chiesto mi abbiano scoraggiata dal farlo, ho deciso di andarci in bici, perche’ il bello e’ raggiungere le cose, non solo arrivarci. Questa volta pero’ volevo evitare di ritrovarmi da sola a sperare che piovesse dal cielo un altro Rambo, per cui sono andata preventivamente alla ricerca di un compagno di disavventure… e ho trovato Tim. Tim e’ un ragazzetto tedesco pieno di tatuaggi con gli occhi di una bellezza imbarazzante, verso il quale stavo sviluppando sentimenti quasi materni; mi faceva tenerezza, stellina, cosi’ giovane, solo in un Paese lontano… avrei voluto telefonare a sua madre: “Non si preoccupi signora, e’ con me, puo’ star tranquilla! Glielo riporto sano e salvo tra 64km”… fino a quando non ho visto il suo passaporto e ho scoperto che ha sette anni in piu’ di me. Ma, al di la’ dell’aspetto che inganna, nel suo modo di essere si percepisce una creativita’ esplosiva, fresca e disorganizzata tipicamente adolescenziale. Nietzsche: bisogna avere una caos dentro di se’ per generare una stella danzante. Ecco, quello e’ Tim. Esattamente quella roba li’.
La strada per la cascata e’ sufficientemente impegnativa se si ha a disposizione una bici da donna da citta’ senza marce. Le salite le si fa spingendo a piedi e le discese ai 300 all’ora, che ti taglieresti le mani piuttosto di toccare i freni dopo quella fatica. C’e’ da dire pero’ che il premio finale, gia’ stupendo di per se’, e’ un paradiso in seguito alla pedalata: la cascata e’ su sette diversi livelli ed e’ possibile nuotare in ognuno; l’acqua e’ di un azzurro impressionante, fresca, circondata dal bosco… come due bambini al parcogiochi senza la mamma, non abbiamo ritenuto opportuno imporci limiti di orario; la conseguenza e’ stata dover dormire in un capanno nei campi di riso per non affrontare il ritorno al buio con la stanchezza della giornata ancora nelle gambe.
25 aprile: il compimese della mia partenza! E che bel regalo l’alba sulla campagna!



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