Scendiamo dallo scooter. Non si puo’ piu’ andare oltre. Abbiamo
provato a forzare le cose e per qualche chilometro ha funzionato, poi
quel rumorino comparso dopo i primi cinque minuti e’ diventato cosi’
forte da dare l’impressione che il cambio voglia esplodere ogni volta
che si scala la marcia. Se ci fossimo arresi prima, adesso non saremmo
bloccati nel bel mezzo del nulla, invece no: a furia di provare, riprovare e provare ancora, ci siamo pian piano allontanati da
tutto… e siamo bloccati qui.
Punto interrogativo sul da farsi ed ecco che compare un gippone
scassato, un uomo alla guida e un bambinetto sui sei anni appeso dietro.
Si fermano e ci urlano qualcosa, ci stanno chiaramente offrendo un
passaggio. “Offrendo” nello stesso senso in cui “il menu’ offre”, il che
non significa che alla fine non si debba pagare il conto. Ci ha colti
un po’ alla sprovvista, per cui il primo impulso e’ quello di rifiutare
con la mano. Il gippone riparte. Guardo a destra: sabbia; guardo a
sinistra: mare; penso alla strada che abbiamo da fare a piedi, penso
alla poca acqua ormai calda rimasta nella bottiglia, penso che saranno
piu’ o meno le dieci e la temperatura salira’ ancora.
Come a tirare le somme dei miei ragionamenti, dopo aver fatto pochi
metri a passo d’uomo il gippone si ferma e ci ripropone l’offerta.
Questa volta accettiamo. Iniziano le trattative per il prezzo, troviamo
un accordo alla veloce calcolato su un’ipotetica distanza di cinque
chilometri (non ho idea di quanti siano in realta’, l’importante e’
partire), carichiamo lo scooter e saliamo dietro anche noi: non c’e’ un
portellone posteriore, per cui dovremo assicurare la moto tenendola a
mano. Ci sono sabbia e teste di pesce qua e la’ sul fondo del gippone,ne
sposto alcune con un piede e mi faccio spazio per sedermi. Mentre
avanziamo, immagino l’uomo caricare sul gippone il pesce appena pescato,
aiutato dal figlio che gli zompetta agilmente attorno, immagino la
moglie seduta dietro a eviscerare i primi malcapitati per portarsi
avanti con il lavoro mentre lui guida verso il mercato…
Dopo non piu’ di due chilometri, l’uomo accosta davanti ad un
meccanico e ci fa cenno di scendere. Ma gia’! Ci han dato uno scooter
rotto, stiamo pagando noi il trasporto, ci manca solo che paghiamo pure
il meccanico… non facciamo i furbetti, avevamo detto cinque chilometri!
Gli facciamo capire che vogliamo tornare all’hotel con lo scooter cosi’
com’e’ e lui, evidentemente di malavolgia, riparte. Sabbia e arbusti
secchi alla nostra destra, mare a sinistra. Case rade a destra, mare a
sinistra. Mercato, case, negozi, motorini e passanti a destra e a
sinistra: cinque chilometri, siamo in paese. Ora ci e’ evidente che la
distanza stimata era del tutto errata: dobbiamo attraversare tutto il
paese e continuare oltre per un bel pezzo prima di arrivare al nostro
hotel.
L’uomo, a ragione, ci chiede di scendere: “Erano cinque chilometri!”
ci fa capire a gesti, e’ vero, ci dispiace, lo preghiamo di continuare,
pagheremo quel che dovremo pagare. Lui capisce e avanza. Il figlio
invece sembra piuttosto agitato da questo cambio di programma e inizia a
fissare gli edifici appeso alla carrozzeria del gippone come un pirata
di vedetta che scruta l’orizzonte; ad ogni hotel o similhotel che
avvista ci chiede con una certa insistenza se sia quello giusto (in
vietnamita, ma si fa capire benissimo) “Qui? Qui?”, sbracciandosi per
indicare l’hotel e battendoci sulla schiena ogni volta per attirare
l’attenzione… no, continua, te lo diciamo noi. Paf paf “Qui? Qui?” no
continua; paf paf “Qui?? Qui??” no continua; paf paf “Qui??? Qui???” paf
paf… ma lo sai che sei snervante dopo un po’??
Arriviamo finalmente all’hotel. Scendiamo, scarichiamo la moto e
riprendiamo la trattativa. Stimo un dieci chilometri totali, Martin
concorda. “No: venti” fa cenno il bambino. No caro, venti proprio no! Il
padre ci da ragione: dieci chilometri, ma ci chiede il triplo della
cifra concordata in partenza. No, si era detto un tot per cinque
chilometri, per dieci fa il doppio. Giusto, siamo d’accordo. Gli diamo i
soldi. “No! Il triplo!!” si intromette ancora il bambino “Il triplo!!”…
ma, di’ un po’, farti gli affari tuoi, no?! Il padre non lo degna della
minima attenzione, in un atteggiamento che lascia intuire “lascia ai
grandi le cose da grandi”, ci ringrazia, lo ringrziamo e ci scusiamo
ancora, strette di mano, saluti, controllo di non avere teste di pesce
attaccate al sedere e ognuno torna alla propria vita.
Cambiato lo scooter, riprendiamo la strada, sotto il sole cocente della meta’ del giorno e torniamo la’, tra le dune e il mare. A livello paesaggistico il Vietnam pare non si faccia mancare proprio niente.
Cambiato lo scooter, riprendiamo la strada, sotto il sole cocente della meta’ del giorno e torniamo la’, tra le dune e il mare. A livello paesaggistico il Vietnam pare non si faccia mancare proprio niente.
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