Friday, August 31, 2012

Nulla da desiderare




Western Mongolia, 8-29 agosto 2012

Il grande carro e’ tornato ad essere se stesso e non piu’ il mestolo rovesciato che era nel sudest asiatico. Spente le frontali, sdraiati davanti alle tende a guardare il cielo. Mi piace quando i miei compagni di viaggio si chiudono in lunghe conversazioni in ebraico. Mi piace sentire come suona; mi piace vederli nel massimo della propria espressivita’, il che’ e’ possibile solo nella propria lingua madre, e’ un po’ come vederli togliersi una maschera; mi piace cogliere le parole ricorrenti, cercare di indovinane il significato dal tono che usano, dal momento in cui le usano. Ora pero’ non fatico a capire quel che stanno dicendo: di fronte al cielo stellato non ci sono lingue, eta’, genere, siamo tutti uguali, tutti a lanciare traiettorie invisibili dall’indice teso, a disegnare per gli occhi dell’altro le costellazioni che sappiamo chiamare per nome.

Accendo la frontale e mi allontano a far pipi’. La spengo, assicurandomi cosi’ tutta la privacy che il buio puo’ offrirmi, e il cielo sopra di me riesplode di luce. L’orizzonte e’ cosi’ basso, lo spazio attorno a me cosi’ vuoto che le stelle, non incontrando ostacoli alla vista, sembrano toccare a terra. Vedo una stella cadente, la prima di molte di questa sera. Un desiderio, presto! Un desiderio!! Ma non mi viene in mente nulla. Sono un puntino di vita insignificante accovacciato al buio in un luogo che non saprei indicare con esattezza sul mappamondo, in un presente che non saprei crocifiggere con le lancette di un orologio, e non ho nulla da desiderare. Non per me.
Non lo so se siano trasferibili, pero’, Silvia, questo desiderio lo lascio a te.


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