Wednesday, August 8, 2012

The terminal

Beijing (Cina), 5 agosto 2012

Passo il mio passaporto ad un giovane poliziotto sorridente. Lui lo afferra e se lo porta al di la’ del bancone, cosi’ non vedo cosa stia controllando. “Guardi la telecamera” mi dice. C’e’ uno schermo alla mia sinistra. Il monitor e’ diviso in due meta’: su una compare la fototessera del passaporto, aull’altra la mia faccia attutale, cosi’ come ripresa dalla viedeocamera. Buffo! Sembra il “prima… dopo” di un qualche trattamento dal dubbio beneficio. Mi studio, cerco di assumere la stessa espressione scazzata e stanca della foto e devo dire che non faccio nessuna fatica. Sono sempre io. Me lo ricordo il giorno in cui ho scattato quella foto: ero incazzata perche’, per colpa della posta, avevo dovuto rifare il passaporto e… a proposito!! “Scusi…” “Si’?” “Deve mettere dei timbri?” “Si’” “Posso chiederle un favore? Se puo’ metterli in una pagina usata a meta’ per non sprecare quelle vuote, perche’ me ne restano solo due…” “E no! Mi serve una pagina intera perhe’ devo metterti un timbro grosso, perche’, vedi?” mi indica il biglietto “Il tuo aereo parte domani!” Eh… non me lo ricordare, va! 5 ore e 45 di volo totali con un unico scalo nel mezzo. Un unico scalo di diciassette ore!! Potrei approfittare di questo visto di 24h per vedere Pechino, ma dovrei cecare un autobus o taxi, spendere chissa’ quanto, tornare comunque qui oppure cercare un hotel, svegliarmi all’alba domattina, non sentire la sveglia, perdere l’aereo, disperarmi, piangere… meglio se me ne sto buonina in aeroporto.
E cosi’ eccomi qua. Diciassette ore… mannaggia… The Terminal! Sono di nuovo sola: Martin continua in Malesia, io invece vado verso nord. Dopo due mesi passati insieme 24 ore al giorno, materialmente di lui mi restano solo i suoi piercing da capezzolo. Che pero’ io uso come orecchini. Eh, la vita… un giorno sei li’ e il giorno dopo di te non rimane che quel che tenevi attaccato ai capezzoli. Fa pensare. E il tempo per pensare non mi manca.
Mi ritrovo a rievocare la prima notte a Bangkok, quando, dopo esser crollata per il jet lag appena messo piede in ostello, mi sono svegliata e sono uscita… ed ero cosi’ felice di essere li’, in quella strada di merda piena di gente e insegne al neon, in una notte soffocante e appiccicosa, stanca, confusa… uno dei momenti piu’ belli della mia vita. Come aver passato mesi ad allenarsi per costruire quell’attimo, a bramarlo, a immaginarlo, a dubitare… e poi finalmente essere li’ e dirsi “l’ho fatto davvero!”. Quell’istante di consapevolezza di liberta’ e realizzazione e’ il risultato di tutto. E anche la partenza. Mi fa tanto di quel bene ripensarci!

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