Himalaya (Nepal), 7 – 18 settembre 2012
Capita, con il raffreddore, che si risolva tutto in una manciata di
giorni. Dato il rapido superamento dei “problemi di salute”, abbiamo
iniziato tutti assieme appassionatamente il secondo trekking, seppur con
un piccolo compromesso: non affronteremo il passo piu’ alto, ma
arrivati a destinazione torneremo indietro lungo lo stesso cammino da
cui siamo saliti. E va be’, meglio di niente, dico io.
La destinazione e’ il Gosaikunda, da cui prende il nome il percorso. Noto in inglese come Frozen Lake (sebbene in questa stagione di ghiacciato ci sia solo il nome), il Gosaikunda e’ un lago situato a 4380 metri e meta una volta all’anno di un pellegrinaggio religioso.
La destinazione e’ il Gosaikunda, da cui prende il nome il percorso. Noto in inglese come Frozen Lake (sebbene in questa stagione di ghiacciato ci sia solo il nome), il Gosaikunda e’ un lago situato a 4380 metri e meta una volta all’anno di un pellegrinaggio religioso.
In questi giorni e’ successo qualcosa. Nella mia testa. Qualcosa e’
cambiato: la mia mente si e’ sdraiata piu’ comodamente su una nuova
concezione di trekking e ora ho la sensazione di poter camminare per
sempre. So che il primo trekking e’ durato sei giorni e che questo ne
durera’ altrettanti, ma non saprei dire quanti giorni ci siamo lasciati
alle spalle e quanti dobbiamo ancora affrontarne.
Ho smesso di guadare la cartina, ho smesso di chiedere come sara’ il
percorso… anche perche’ bisogna capire ed accettare per quel che e’ il
concetto di “nepali flat”, il “piatto nepalese”: se un nepalese ti dice
che il sentiero e’ in piano, significa che e’ un saliscendi, perche’ se
ci sono meno di quei trecento metri di dislivello, allora non conta. Qui
la gente ha una mente algebrica e se la strada sale di duecento metri e
poi scende di altri duecento, allora, grossomodo, e’ in piano. Cosi’,
non chiedo piu’. Non mi chiedo piu’. Cammino, fino a quando non e’ ora
di fermarmi. Il mio unico metro di misura della distanza, del tempo,
dell’altitudine, e’ diventato il passo.
Piove. Da giorni. Piove e c’e’ nebbia. Peccato, proprio ora che il
paesaggio prometteva di dare il meglio di se’. Ma se devo dire la
verita’ mi piace anche cosi’, con questo bianco che avvolge ogni cosa.
In rari momenti alcune sagome riescono ad aprirsi un varco ed emergono
dal nulla. Per il resto del tempo e’ tutto bianco. Con la mente cosi’
priva di stimoli, di distrazioni, passo dopo passo immagino di tracciare
il mio percorso disegnando un dettagliatissimo mandala su questa pagina
bianca, mentre taglio la salita zigzagando per patirla meno. Passetto
dopo passetto. Metri e minuti. Anche quando sono stanca, non sono cosi’
stanca da non poter fare un altro passo. Uno solo. Poi un altro. Poi un
altro. Passetto dopo passetto, potrei continuare per sempre.
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