Waiterang Beach (Indonesia), 27 gennaio 2013
Mi si prospettano tre giorni di attesa per il visto. Maumere e’ la
citta’ principale di Flores e non presenta particolari attrazioni; non
si puo’ certo dire che sia bella, non si puo’ neanche dire faccia
proprio schifo. Decido di spostarmi ad est, trovare una sistemazione
sulla spiaggia e parcheggiarmi li’ (rimarro’ parcheggiata li’ per quasi
due settimane!)
Mi affido al caso, come sempre, e il destino mi fa approdare al
Sunset Cottage: dieci bungalow in bamboo sparpagliati nell’ombra gaia
del sottobosco che si affaccia sulla spiaggia. Quando arrivo, sembra un
posto abbandonato da anni. Le piogge quotidiane hanno creato
pozzangheroni e distese di fango su quello che durante la stagione buona
e’ il giardino. C’e’ un lieve velo di desolazione e un profondo
silenzio che silenzio non e’, ma ritmico frangersi delle onde sulla
spiaggia, canti di uccelli e frusciare di foglie… me ne innamoro subito.
I proprietari confessano di non essere preparati a ricevere ospiti al
momento e mettono subito le cose in chiaro: il generatore e’ rotto, non
c’e’ elettricita’, non c’e’ acqua corrente, non ci sono altri ospiti,
non aggiustiamo i bungalow prima della fine della stagione delle piogge
per cui solo in uno non piove dal tetto “Se mi date delle candele, un
secchio e il bungalow buono, vorrei proprio stare qui, perfavore!”
accordo saldato.
Il mio bungalow e’ esagonale, ha due porte e quattro finestre: faccio
un giro della stanza in senso orario prima di dormire per chiuderle e
uno in senso antiorario al mattino per spalancarle.
Lascio il letto poco dopo l’alba, seguendo il ritmo dettato al mio corpo dalla luce solare, e per prima cosa agguanto il secchio e vado al pozzo in pareo a prender l’acqua per lavarmi. Il bagno consiste in quattro mura di mattoni nudi, un pavimento di ghiaia e un gabinetto, niente porta e niente tetto.
Lascio il letto poco dopo l’alba, seguendo il ritmo dettato al mio corpo dalla luce solare, e per prima cosa agguanto il secchio e vado al pozzo in pareo a prender l’acqua per lavarmi. Il bagno consiste in quattro mura di mattoni nudi, un pavimento di ghiaia e un gabinetto, niente porta e niente tetto.
La seconda doccia, quella del pomeriggio, e’ la mia preferita: aspetto
sempre le prime gocce di pioggia per andare a lavarmi, quando il vento
e’ ancora forte e tien lontane le zanzare, poi in un attimo esplode il
diluvio e basterebbe quello per sciacquarsi; l’istinto mi dice di affrettarmi
per andare a proteggermi dal freddo… ma il freddo non c’e’ e allora
rimango, inebriata di sensazioni, combattuta tra l’impulso di correre al
riparo e quello di mettermi a correre nel bosco, nuda, sotto la
pioggia, come quando da bambina in Congo mia madre mi lavava sotto
l’acquazzone pomeridiano nel cortile di casa, assieme ai miei cugini… il
cielo era un catino rovesciato, il cortile inevitabilemte si allagava e
per noi quei pochi centimetri d’acqua fangosa diventavano piscina… non
l’ho mai dimenticato, ma la sensazione non e’ mai riaffiorata prima con
questa stessa intensita’.
Tra una doccia e l’altra le attivita’ variano, ma in genere le prime
ore del giorno le passo sospesa sull’amaca, a leggere, a scivere, a
fissare il mare, a ripromettermi di cercare con google informazioni
sulle maree appena avro’ internet a disposizione, perche’ questa storia
dell’acqua che sale e dell’acqua che scende non e’ che l’abbia mai
capita davvero…
Mentre la marea sale, guardo il reticolo che ho di fronte, dato dalle linee verticali fisse delle palme in controluce che si incrociano con quelle orizzontali in movimento delle onde. Alcuni personaggi saltuariamente attraversano il reticolo. Ce ne sono di due tipi: gli uomini col machete e quelli col filo di bava; mi sfilano davanti in silenzio da sinistra a destra o da destra a sinistra, quelli col machete alle volte trascinano fasci di foglie di palma o legna; quelli col filo di bava, mazzetti di pesci argentati.
Mentre la marea sale, guardo il reticolo che ho di fronte, dato dalle linee verticali fisse delle palme in controluce che si incrociano con quelle orizzontali in movimento delle onde. Alcuni personaggi saltuariamente attraversano il reticolo. Ce ne sono di due tipi: gli uomini col machete e quelli col filo di bava; mi sfilano davanti in silenzio da sinistra a destra o da destra a sinistra, quelli col machete alle volte trascinano fasci di foglie di palma o legna; quelli col filo di bava, mazzetti di pesci argentati.
Questi momenti di solitudine e pace si concludono sempre in tarda
mattinata, quando Marleno e Frid arrivano a scompigliare tutto.
Ho dei nuovi amici. Li ho conosciuti la prima sera, la sera in cui guardano il tramonto ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare un bagno notturno, ma da sola non ne ho certo il coraggio; poco dopo, durante la cena, sono apparsi tre ragazzi: Marleno, Frid e Nero, uno nipote del proprietario, gli altri due suoi amici. Ci siamo messi a chiacchierare e ho proposto l’idea del bagno notturno “Una di queste sere, se vi va, perche’ da sola ho paura. Ditemi voi quando potete, io sono sempre qua…” “Andiamo!” “Ok, quando?” “Adesso!” e pochi minuti dopo eravamo in acqua. La luna non era che uno spicchietto e il cielo era comunque coperto, ma la bellezza che non ci davano le stelle ce la dava il plankton ad ogni movimento di gambe e braccia. Ecco un’altra cosa da cercare con google.
Ho dei nuovi amici. Li ho conosciuti la prima sera, la sera in cui guardano il tramonto ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare un bagno notturno, ma da sola non ne ho certo il coraggio; poco dopo, durante la cena, sono apparsi tre ragazzi: Marleno, Frid e Nero, uno nipote del proprietario, gli altri due suoi amici. Ci siamo messi a chiacchierare e ho proposto l’idea del bagno notturno “Una di queste sere, se vi va, perche’ da sola ho paura. Ditemi voi quando potete, io sono sempre qua…” “Andiamo!” “Ok, quando?” “Adesso!” e pochi minuti dopo eravamo in acqua. La luna non era che uno spicchietto e il cielo era comunque coperto, ma la bellezza che non ci davano le stelle ce la dava il plankton ad ogni movimento di gambe e braccia. Ecco un’altra cosa da cercare con google.
Da li’, i miei nuovi amici hanno iniziato a venire ogni giorno a
tenermi compagnia e dopo poco a portarmi dai loro amici. Quando arrivano
qui, in genere ci mettiamo in spiaggia e mangiamo. Ma per me non e’
solo mangiare: e’ una fiaba!
La spiaggia e’ sabbiosa solo per qualche metro, poi diventa fine giaetta nera prima di scivolare sotto il mare; non sara’ la classica spiaggia bianca da cartolina, ma il vantaggio della ghiaia e’ che non c’e’ poi bisogno di uno speculum per lavarsi via la sabbia da ogniddove e per quel che riguarda il colore, be’, la Principessa Mezzosangue qui potra’ mica permettersi di fare delle discriminazioni…
C’e’ una sorta di gerarchia legata all’eta’ tra i ragazzi: Nero, che e’ il piu’ giovane, e’ l’addetto al fuoco. Raccoglie foglie di palma cadute nella notte e si occupa del falo’. Nero, che e’ il piu’ giovane, e’ anche l’addetto al machete. Si allontana armato nel bosco e ne torna sempre tenendo in mano una pianta di tapioca (che qui chiamano cassava), un tubero simile alla patata ma meno dolce, che lasciamo a cuocere nella sabbia sotto il fuoco.
La spiaggia e’ sabbiosa solo per qualche metro, poi diventa fine giaetta nera prima di scivolare sotto il mare; non sara’ la classica spiaggia bianca da cartolina, ma il vantaggio della ghiaia e’ che non c’e’ poi bisogno di uno speculum per lavarsi via la sabbia da ogniddove e per quel che riguarda il colore, be’, la Principessa Mezzosangue qui potra’ mica permettersi di fare delle discriminazioni…
C’e’ una sorta di gerarchia legata all’eta’ tra i ragazzi: Nero, che e’ il piu’ giovane, e’ l’addetto al fuoco. Raccoglie foglie di palma cadute nella notte e si occupa del falo’. Nero, che e’ il piu’ giovane, e’ anche l’addetto al machete. Si allontana armato nel bosco e ne torna sempre tenendo in mano una pianta di tapioca (che qui chiamano cassava), un tubero simile alla patata ma meno dolce, che lasciamo a cuocere nella sabbia sotto il fuoco.
Nero, che e’ il piu’ giovane, e’ inoltre
l’addetto a cercare del filo di bava e un amo quando gli altri decidono
di far
abbrustolire un pesce (che certo prima va pescato) avvolgendolo in un
cartoccio di foglie di palma. Nero, che e’ il piu’ govane, ha
l’ulteriore compito di raccogliere, spaccare e pulire le noci di cocco,
separando dal guscio la polpa che mangiamo cruda, abbrustolita,
grattugiata, pucciata nell’acqua salata del mare… tra una chiacchiera e
l’altra, una partita a carte e una a pallone, senza rendercene conto
mangiamo quanto basta per riempirci fino a sera. Io sono esterrefatta
dalla facilita’ con cui ci si puo’ procurare del cibo, sono Gretel nella
casetta di marzapane! E’ tutto li’ a disposizione, naturale, fresco e
squisito. Alle volte mi alzo per andare a prender l’acqua e i ragazzi mi
bloccano “Ma no! Dove vai? E’ lontano!” prendono una noce di cocco, la
fanno aprire a Nero, che e’ il piu’ giovane, e iniziamo a passarci
questa grolla dell’amicizia al cocco…
Gli amici dei miei amici sono tutti maschi. Ogni tanto qualcuno mi
salta addosso con nonchalance, ma rimangono nel complesso gestibili.
Ci si sposta da una casa all’altra, dove mi vengono offerti te a non finire, banane fritte o bollite e jack fruit durante la giornata, poi un piatto di riso pesce e verdure per cena e alle volte un posto per dormire la notte nel letto della sorella di chi di turno, con o senza la sorella in questione. Rifiutare il cibo o l’ospitalita’ e’ quasi offensivo; per le famiglie dei miei amici ospitare e’ un piacere; per i miei amici e’ piu’ una questione di comodita’, perche’ a me viene sonno appena scende il buio e loro non vogliono interrompere la serata per riaccompagnarmi, quindi “Sei stanca? Guarda, segui mia sorella, vai dentro con lei, ok? Cosi’ ti riposi… tranquilla, non c’e’ problema: sentiti a tuo agio!” si’ si’ che mi sento a mio agio. Non mi faccio piu’ problemi a dormire in nessuna circostanza ormai. Salvo poi svegliarmi con gli attacchi di amnesia: dove sono? Ero in Nepal per il mio compleanno…
Ci si sposta da una casa all’altra, dove mi vengono offerti te a non finire, banane fritte o bollite e jack fruit durante la giornata, poi un piatto di riso pesce e verdure per cena e alle volte un posto per dormire la notte nel letto della sorella di chi di turno, con o senza la sorella in questione. Rifiutare il cibo o l’ospitalita’ e’ quasi offensivo; per le famiglie dei miei amici ospitare e’ un piacere; per i miei amici e’ piu’ una questione di comodita’, perche’ a me viene sonno appena scende il buio e loro non vogliono interrompere la serata per riaccompagnarmi, quindi “Sei stanca? Guarda, segui mia sorella, vai dentro con lei, ok? Cosi’ ti riposi… tranquilla, non c’e’ problema: sentiti a tuo agio!” si’ si’ che mi sento a mio agio. Non mi faccio piu’ problemi a dormire in nessuna circostanza ormai. Salvo poi svegliarmi con gli attacchi di amnesia: dove sono? Ero in Nepal per il mio compleanno…
Insomma, non me la passo tanto male qui. La mia unica preoccupazione
sono le noci di cocco. Si staccano dalle palme con rumore di ossa che si
spezzano e precipitano al suolo, dove si schiantano sulla sabbia in un
tonfo che mi mette i brividi. Credo di aver piu’ possibilita’ di morire
facendo i pochi meti che separano il mio bungalow dalla spiaggia che
correndo la Parigi-Dakar bendata. Ma quando ho confidato le miei paure,
mi e’ stato detto: tranquilla, qui si dice che le noci di cocco hanno
tre occhi e prima di cadere guardano se la via e’ libera.
Sara’.
Sara’.
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