Tuesday, March 25, 2014

Sulla California





Melbourne, 2 Marzo 2014.

In California ho soggiornato per circa due mesi a casa di Martin, ad Hayward, una cittadina tranquilla a una trentina di chilometri da San Francisco, sul lato opposto della baia.
La casa si trova in un quartiere residenziale incredibilmente simile ai quartieri resisdenziali dei telefilm americani: casette indipendenti ad un piano con il garage su un lato, vialetto e pratino davanti, giardino sul retro.
La vita di quartiere pare tranquilla, pochi passanti sui marciapiedi che portano a passeggio il cane, furgoncino del postino, cartelli che invitano i residenti a denunciare alle autoritá ogni attitvitá sospetta, pomeriggi scanditi dal jingle del camioncino dei gelati. Si percepisce un senso di appartenenza alla piccola comunitá che è il vicinato. Ho addirittura visto un posto in cui il vicinato era delimitato da un cancello di cui solo i residenti hanno il codice d’apertura. Lí per lí mi è sembrato un po’ strano, ma a ben pensarci non è nulla di diverso da un codominio, solo sviluppato in ampiezza anziché verticalmente.
Hayward è separata da San Francisco da circa trenta minuti di mezzi pubblici, ovvero mezzora di osservatorio sociale comodamente seduti in poltrona. 



Molti pendolari del mattino reggono bicchieroni di carta contenenti caffè o tè, che piú tardi vengono sostituiti da bicchieroni di plastica dalle dimensioni imbarazzanti contenenti bibite fluorescenti.  Non è che camminare a San Francisco sia come ritrovarsi in un quadro si Botero, ma è anche vero che è palese ci sia qualche problemino legato al consumo di zuccheri e il numero di persone obese è una delle prime cose che salta all’occhio per chi non ci è abituato.
Un’altra cosa che salta all’occhio é il numero di persone che parlano da sole. Ma non come me, che penso a voce alta (sí, sí Nicole, continua a credere che sia solo quello): intendo proprio il parlare con qualcuno che non c’é.  Da uno di questi sbiascicati monologhi metropolitani ho tratto quello che è diventato un dei mie insulti preferiti: “Certe persone hanno una faccia che solo una madre puó amare”. Chiunque si sentirebbe orgoglioso sapendo di aver ispirato cotanta poesia, ma sotto sotto mi piace pensare che l’uomo non stesse guardando me nel momento in cui l’ha detto. 



Uno dei miei momenti di osservatorio sociale preferiti é stata la sera in cui alla mia stessa fermata sono saliti in metro dei ragazzetti con una radio gigante e un gruppo di afroamericani, prevalentemente ragazze. I due gruppi si sono incontrati per caso e la musica ha immediatamente catalizzato la reazione: il vagone tranquillo con gente seduta in silenzio a scrivere al cellulare o sonnecchiare si è improvvisamente trasformato in un musical dal vivo con gente che molleggia convinta su un ritmo hip hop. Una scena da fare invidia ai video di Sean Paul, un harlem shake con tutti i bianchi seduti composti e i neri che ballano come se non ci fosse un domani. E Martin che balla piú di loro.
Se c’é una cosa da invidiare agli Stati Uniti è proprio la ricchezza genetica. C’è davvero tutto il mondo concentrato lí, c’è ogni singolo Paese. Ed è strano pensare che un Paese che sta colonizzando economicamente e culturalmente buona parte del globo rendendo ogni posto un po’ troppo simile a se stesso e agli altri, presenti al suo interno una tale ricchezza di diversitá genetica, culturale, sociale...



L’area della baia di San Francisco è un posto che mi ha fatto pensare “Qui ci vivrei”. La cittá è molto bella, attiva, ha una forte personalitá e la gente é estremamente piacevole.  La natura al di fuori è maestosa e ben tutelata, il clima é ottimo... si percepisce una buona atmosfera, mi ci vedrei. Ma non ho mai pensato davvero di fermarmici. E a novembre sono ripartita, secondo i piani.
La cosa buffa del volare dalla California all’Australia passando ovviamente da ovest, é che si perde un giorno di vita. Sono partita il 3 novembre e atterrata il 6. Durante lo scalo a Manila mi sono ritrovata in una strana situazione di fusione temporale: per me era contemporaneamente il giorno dopo al 3 e quello prima del 6. Questa storia che passando da sinistra del planisfero si arrivi a destra come in Snake mi lascia sempre perplessa...





1 comment:

  1. Bruno, stai bravo: sono gli stessi alberi! Gli STESSI IDENTICI maledettissimi alberi!!

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