Melbourne, 11 Febbraio 2014
Gli
australiani sono gentili. Gentili oltre misura. Gentili al punto che ogni tanto
il mio cervello va in tilt. In
generale apprezzo molto tutto questo gentilume, ma c’è questa storia dell’How are you? a cui proprio faccio fatica
ad abituarmi.
Anche noi chiediamo come va
o come stai o com’è. Telefoniamo ad un amico e “Pronto? Ah, ciao! Come va?”
incontriamo qualcuno che conosciamo e “Hey, ciao! Come va?”... alle volte lo si
intende davvero e siamo pronti a sentirci dire “lascia perdere, un disasto: temo
che stiano per licenziarmi e sostituirmi con una bertuccia che ha ottenuto un
punteggio piú alto del mio al colloquio, son tre notti che non dormo
dall’ansia”, altre volte è solo questione di forma e rispodiamo “Bene, tu?”
anche se ci siamo appena ripresi dal secondo attacco di panico dell’ultima
mezzora... tutto dipende dalla profonditá della relazione, che è ció che
legittima la domanda stessa.
Qui
invece il come va è legato al saluto
ed essere due umani in uno stesso luogo e tempo, rappresenta relazione
sufficiente per il saluto e quindi per il come
va. Sali sull’autobus e l’autista ti dice “Buongiorno, come stai?”. Entri
in un negozio e il commesso ti chiede “Ciao, come va?”, cammini per strada e qualcuno
ti ferma “Scusa, ciao, come va? Sai mica in che direzione è la stazione?”
Ora sono
abituata e solo raramente l’how are you mi coglie ancora di
sorpresa, ma all’inizio mi gettava regolarmente nel panico: salivo sull’autobus
“Buongiorno!” e l’autista “Buongiorno, come stai?” come sto? Perchè mi chiede come sto? Sta a vedere che
lo conosco e non l’ho riconosciuto! No, non lo conosco. E cosa vuole? Perchè si
sta informando sul mio stato psicofisico? Adesso devo rispondergli davvero?? Ma
poi devo sedermi qui vicino cosí chiacchieriamo? E cosa vuole che gli dica? “Ehm...bene.
Grazie. E tu?” “Buongiorno, come stai?” ce l’ha giá con quello dietro di me.
Ma non
si fermano lí! In banca mi è successo questo: “Buongiorno”
“Buongiorno, come va?” non mi fregate piú! “Bene, grazie” “Cosa posso fare per
lei?” “Avrei bisogno di questo e quest’altro” “Mi faccia controllare il suo conto...” scrive delle cose al computer e poi, di colpo, senza nemmeno
staccare gli occhi dallo schermo “Come sta andando la giornata?” SBAM!! ma
cos... ? ma perch... ? cosa vuol... ? avró capito male! “Come, prego?” “Come
sta andando la tua giornata?” “Ehm... bene. Grazie. E la tua?” “Ecco qua la
ricevuta. C’é altro che posso fare per lei?”
Aaaaahhh!! Che fasidio! Sentirmi sballottata
dentro e fuori da sfere relazionali che per me hanno margini e linguaggi
diversamente definiti!
Ma c’è
da dire una cosa: a paritá di sostanza, nel momento in cui si lavora con un
pubblico, ci si interfaccia con un cliente, la forma fa la differenza. E’ mille
volte meglio sentirsi dire “Cosa posso fare per lei?” o “Come posso aiutarla”anziché
“Sí, mi dica” o “Cosa deve fare?”, mille volte meglio sentirsi chiedere come é
andata la giornata piuttosto che farsi venire il mal di pancia ogni volta che
ci si deve presentare di fronte ad uno sportello.
No comments:
Post a Comment